Condividi
Spesso, quando descriviamo AIRO ai nuovi corsisti, ai produttori e ristoratori interessati a diventare soci, parliamo di passione, di condivisione, di unione d’intenti, ma soprattutto di fare rete. Ci piace pensare ad AIRO come una piazza, o Agorà per rimanere in tema con l’articolo, in cui ognuno racconta la propria esperienza e insieme puntiamo al miglioramento di questo settore meraviglioso. E cosa unisce di più di una storia ben raccontata e che ha come protagonista il nostro eroe preferito, l’olivo?!
Abbiamo chiesto a Leonardo Bononcini, laureato in Lettere Antiche e in procinto di conseguire la laurea in Filologia e Storia dell’Antichità all’Università di Pisa, di raccontarci il mito di Atena e quanto l’olivo fosse importante nell’antica Grecia.
Buona lettura!
Anche allo sguardo di un visitatore di oggi la Grecia, coi suoi territori brulli e, in alcuni casi, persino aspri, non appare una terra particolarmente adatta alla coltivazione. Non associamo, del resto, a questa penisola quelle immagini, tipiche della nostra Sicilia, di vasti campi di spighe di grano accarezzate dal Libeccio.
L’inadeguatezza del suolo greco alla coltivazione era ancora più manifesta nella Grecia antica, quella del V secolo a.C., quando, senza particolari aiuti tecnologici, le condizioni di lavorazione dei campi erano ben più ardue delle attuali.
Solo un albero da sempre riesce ad allignare sulle colline dell’Ellade, prezioso per chi lo coltiva: l’ulivo. In particolare, a questa pianta ha legato la propria esistenza, fin dalle sue più remote origini, la città di Atene. L’importanza che per essa l’ulivo rivestiva lo mostra bene il fatto che sull’Acropoli, la parte più importante della città, nonché cuore della vita della comunità, in un recinto sacro era conservato il primo ulivo nato in quella terra, un ulivo, secondo la credenza, di origine… divina. Vuole infatti il mito [1] che due divinità, Atena e Poseidone, siano entrate tra loro in contesa per ottenere il ruolo di nume tutelare della città: tra i due avrebbe vinto chi avesse fatto il dono più gradito. Mentre Poseidone fa sgorgare una sorgente d’acqua, Atena, la vincitrice, sceglie di donare alla città un ulivo, proprio quello conservato nel recinto sacro.
Questo mito, importantissimo per l’identità di Atene, tanto da essere raffigurato su uno dei due frontoni del Partenone, spiegava la realtà dei fatti, la realtà vissuta dagli Ateniesi del tempo. L’ulivo era non solo una pianta sacra, dotata, per questo, di particolari significati anche a livello religioso, ma anche la pianta sulla cui coltivazione si basava in maniera essenziale il sostentamento del gruppo umano. L’ulivo era, in qualche misura, la pianta nazionale di Atene e della sua regione, l’Attica, ed in essa tutti si riconoscevano. La sacralità e l’alto valore dell’ulivo, inoltre, facevano sì che esso fosse anche versato in offerta alle divinità o ai defunti e che questo fosse rappresentato più volte nei testi della letteratura greca. Un esempio dei più significativi lo leggiamo nella tragedia I Persiani di Eschilo, portata in scena nel 472 a.C.: l’olio viene descritto, infatti, come “il frutto odoroso del biondo ulivo, che nelle sue foglie rigermina vita perenne” (trad. F. Ferrari). L’ulivo è detto biondo perché è biondo, come l’oro, l’olio che da quest’albero si ricava. Il paragone con l’oro, però, non finisce qui: l’olio era come l’oro perché rappresentava una risorsa economica fondamentale da cui dipendeva la vita stessa di chi lo produceva. Altre due tragedie conservano pregiate descrizione dell’ulivo e della sua importanza. Nello Ione si legge: “(…) una ghirlanda di fronde d’ulivo, dell’albero che crebbe per la prima volta dalla rocca di Atena (…), germogliata da un ulivo inviolabile” (trad. M. S. Mirto). E ancora nell’Edipo a Colono: “(…) indomabile pianta che da se stessa rigermina, terrore delle lance nemiche: l’olivo di glauca foglia che nutre i nostri figli e in questa terra più rigoglioso germoglia” (trad. F. Ferrari).
Volgiamoci per un’ultima volta all’ulivo sacro di Atene. Così sacro, così divino era questo albero che si riteneva, come riporta lo storico greco Erodoto [2], che addirittura un suo germoglio fosse ricresciuto subito dopo il terribile incendio dell’Acropoli di Atene, appiccato dai Persiani in una delle pagine più buie della storia greca. Questo germoglio dobbiamo leggerlo come un simbolo di speranza, di rinascita e della resilienza di una città, come Atene, sempre pronta a rialzarsi.
Di Leonardo Bononcini
Ricostruzione del frontone occidentale del Partenone
A ricordo dell’ulivo sacro è stato piantato, nello stesso punto in cui sorgeva nell’Antichità, un nuovo albero di ulivo
[1] Tra le fonti si ricordano, in particolare, Apollodoro (Biblioteca III, 14.1) ed Erodoto (Storie VIII, 55).[2] Erodoto, Storie VIII, 55